Cronache dal From the Front 2012

Cosa rende un evento diverso dagli altri? Magari addirittura unico? Ok, a parte il catering. Va bene, a parte le hostess. E lasciamo da parte anche i gadget. Ecco, escluso questo, rimane l’essenza: la sensazione di esserne usciti migliori di quando vi si è entrati. Se vi sembra poco.

Mentine al Front the Front 2012

Noi c’eravamo, al From the Front 2012. Disclaimer: c’eravamo anche come sponsor, decidete voi come leggere quanto segue alla luce di questo. Garantiamo comunque che siamo sinceri nell’apologia che stiamo per scrivere, lo giuriamo sull’iPhone 5.

Condensato di cronaca

L’evento si è svolto su due giornate, il 20 e 21 settembre, e radunava il mondo sommerso degli sviluppatori e designer di front end, quelli che si rompono la testa 12 ore al giorno per fare in modo che quello che vedete sullo schermo sia quello che il progettista aveva in mente, che il committente ha travisato, che l’utente finale userà in modo diverso da come vi aspettate. Detta così...

Il 20 è stata la giornata dei workshop; noi abbiamo partecipato a quello di Steve Krug, se volete, qui di seguito trovate la cronaca semiseria della giornata. Invece il 21 si sono alternati i 10 super speaker annunciati, per un sabba di interventi di un livello che non si ricorda facilmente dalle nostre parti.

Perché diciamocelo, ci siamo assuefatti, forse addirittura rassegnati, a un cliché di evento in cui il filo conduttore, il titolo, è un pretesto; lo speach, una mal celata marchetta; la qualità della presentazione, una discesa verso lo stereotipo del wannabe-presentation-zen; la location, uno stereotipo di bellezza stantia da hall di albergo (quando va bene). E siamo anche contenti di pagare qualche centinaio di euro per partecipare.

Dimentichiamo questo anestetico limbo. L’organizzazione ha dimostrato cosa significa fare sul serio, con una selezione internazionale di speaker di statura che ha preso molto sul serio la propria partecipazione.

I contenuti

Gli interventi galleggiavano tra il tecnicismo al limite della sostenibilità umana (uno per tutti: A pixel is not a pixel di Peter Paul Koch, in cui si dissezionava lo schermo fino a diventare Tron se non si stava attenti) e l’estremo opposto del super-inspirational (vedi Blain Cook: We must be fearless and adventurous in our vision, and take full advantage of powerful new vessels for our imaginations. Il tutto sviluppando HTML5 e CSS3).

Steve Krug che apre con un test di usabilità su una delle applicazioni più blasonate, recensite, citate come Clear per iPhone, da solo giustifica l’arrivo dell’autunno. Alzi la mano chi non ha letto Don’t make me think. Vergognatevi.

Il tutto rigorosamente in inglese, con la possibilità di traduzione simultanea. Un neo che va rilevato: su due interpreti, uno era eccellente, l’altro si lasciava volentieri spegnere in favore di un ascolto diretto molto più eloquente.

La giornata

Qualche intoppo organizzativo c’è stato, a partire dal ritardo con cui la giornata è cominciata, dovuto probabilmente a una sottovalutazione dei tempi di accoglienza. La pericolosa compensazione è stata l’eliminazione del coffe break mattutino, ma la sensazione è che i contenuti da soli abbiano sopperito alla possibilità di una rivolta da parte del pubblico.

Da dire anche che la scelta del teatro Duse come location ha permesso alle diverse centinaia di partecipanti di stare comodi e di godere del pathos di un luogo magico di Bologna, creando una parte fondamentale della (occhio) esperienza dell’evento. Sempre perché test clinici dimostrano che è meglio partecipare a un evento fico in un posto bello, invece che il contrario.

E adesso?

Una esaustiva cronaca è disponibile nel sito di Tommaso Baldovino; ci sarebbe tanto da dire, ma noi ci fermiamo qui perché si è fatta una certa ora e anche perché vogliamo stare come sempre alla superficie delle cose, se no poi ci tocca smettere di lavorare per scrivere.

Se avete voglia di leggerlo, ecco qui sotto lo Storify della giornata del 20 al seminario di Steve Krug.
Ma vi rendete conto? Steve Krug!

Featured